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Legge di Bilancio (legge 213/2023). Sguardo sulle novità di quest’anno: spese per l’affitto e interessi s

24-01-2024 11:37

realmentecasa

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Legge di Bilancio (legge 213/2023). Sguardo sulle novità di quest’anno: spese per l’affitto e interessi sul mutuo.

Sguardo sulle novità introdotte dalla Legge di Bilancio (legge 213/2023) in materia di Fringe Benefit: spese per l’affitto e interessi sul mutuo.

Questa settimana affronteremo una delle novità contenute nella manovra economica 2024.

Per contrastare l’aumento del tasso dei mutui e venire incontro alle famiglie, il Governo ha deciso di ampliare l’ambito di applicazione della normativa sui FRINGE BENEFIT.

Facciamo un piccolo excursus d’obbligo sulla materia: in pratica si innalza il limite di esenzione dal reddito imponibile (che passa da 258,23 euro a 2mila euro, per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, e a mille euro per gli altri lavoratori dipendenti).

L’innalzamento del limite di esenzione si configura come un vero e proprio benefit. Una sorta di rimborso erogato dal datore di lavoro. Nel 2024 si potrà chiedere il rimborso per spese effettuate nel 2024 stesso, con comprovata documentazione.

Attenzione, però: nessun obbligo per il datore di lavoro di uniformarsi a questa proposta, essendo configurata, per l’appunto come un vero e proprio benefit aziendale. La decisione di erogarlo o meno spetta unicamente a lui. In ogni caso il datore di lavoro che intende aderire a questa opportunità, dovrà farsi consegnare dai lavoratori tutta la documentazione relativa ai figli a carico e una dichiarazione firmata, da presentare in caso di controlli.

Detto questo, quindi, nel 2024, i lavoratori dipendenti (e non solo. Vale anche per coloro che hanno un reddito assimilato a quello da dipendente, come i co.co.co. e i collaboratori a progetto) che hanno figli a carico, e non solo, potranno ricevere questa sorta di "bonus" dal proprio datore di lavoro su alcune tipologie di spese effettuate:

  • l'affitto di casa (spese per contratto di locazione);
  • il mutuo (interessi su mutuo prima casa);
  • le bollette delle utenze domestiche (pagamento di utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale).

Ovviamente l’intera somma, che verrà utilizzata per gli scopi sopra descritti, non avrà effetti sul reddito.

Il beneficio potrà arrivare fino a 2.000 euro per i lavoratori con figli a carico. Ma nel caso in cui i fringe benefit erogati dovessero superare i tetti di 1.000 euro o 2.000 euro, la somma verrà interamente tassata (e non soltanto per la parte in eccesso).

Nel caso in cui entrambi i genitori siano lavoratori in possesso di tali requisiti, entrambi avranno diritto al massimo del beneficio, quindi un bonus fino a 2.000 euro a testa, a prescindere che il figlio sia a carico di uno soltanto dei genitori o di tutti e due.

Diverso il discorso per i lavoratori senza figli a carico, che hanno invece un limite dei fringe benefit "dimezzato" rispetto ai colleghi con famiglia: 1.000 euro.

L’AdE, in una circolare, spiega la nozione di “figli fiscalmente a carico”, definendoli come coloro che hanno un reddito non superiore a 4mila euro, ovvero a 2.840,51 euro nel caso di figli di età superiore a ventiquattro anni (per il computo di tali limiti si considera il reddito al lordo degli oneri deducibili).

E ancora, sempre nella stessa nota, al fine di semplificare l’argomento, ribadisce che anche i figli fiscalmente a carico nati fuori del matrimonio o adottivi o affidati sono esplicitamente ricompresi nell’ambito dei commi 16 e 17.

Si segnala, inoltre, che la stessa AdE specifica che il regime generale di esenzione, disciplinato dal richiamato articolo 51, prevede l’esonero non solo per il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi, ma anche per la base imponibile ai fini previdenziali (articolo 12 della legge n. 153/1969).

Detto questo, torniamo alle spese effettivamente rientranti nell’ambito di applicazione della Manovra.

Innanzitutto bisogna precisare che le spese per le utenze domestiche devono riguardare immobili ad uso abitativo, posseduti o detenuti, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi famigliari. Potrebbero anche non esservi legalmente residenti o domiciliati, l’importante è che possano dimostrare di sostenerne le relative spese.

Per quanto riguarda la documentazione di spesa è più che sufficiente la fattura, intestata al proprietario, al coniuge, ai famigliari o al locatore. Altrimenti si può presentare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con la quale si attesti di esser in possesso della documentazione comprovante il pagamento delle utenze domestiche.

Ovviamente le fatture non devono esser oggetto di richiesta di rimborso su 2 o più datori di lavoro.

Per quanto riguarda, invece, il rimborso per le spese degli interessi del mutuo, si dovrà tener contro della disciplina sui prestiti concessi ai dipendenti: è plausibile pensare che possa essere calcolato sul 50% della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al Tur vigente alla data di scadenza di ciascuna rata o, per i prestiti a tasso fisso, alla data di concessione del prestito, e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato al lavoratore sui prestiti stessi.

Nella speranza di aver chiarito alcuni dubbi, auguriamo a tutti un buon proseguimento di settimana.

 

Ci vediamo prossimamente con un nuovo articolo.

 

Staff di Realmentecasa